Socialmente vicini: i ladri e i malavitosi

Tra gli "organi" giuridici e polizieschi nacque negli anni Venti il termine di "socialmente vicini". Con questo termine sociologico i bolscevichi indicavano quelle categorie di persone che potevano “emendarsi”: ladri, rapinatori, assassini. Queste categorie di delinquenti venivano condannati a pene miti. Per i comunisti rivoluzionari, la proprietà privata era un furto. Quindi chi rubava a un privato, non commetteva un reato a loro sgradito. Chi ammazzava un “borghese” (o un contadino che si opponeva alla collettivizzazione forzata o un religioso), commetteva un crimine che era molto blandamente punito.

Accadeva frequentemente che un violento rapinatore seriale venisse condannato a 6/12 mesi mentre un operaio sorpreso a rubare una matassa di filo dalla fabbrica di stato venisse condannato a 5/10 anni di gulag punitivo: anche se tutti rubavano allo stato - a partire dai dirigenti del partito - , solo chi non godeva di protezioni veniva condannato. E le condanne per i furti allo stato (commessi da operai in stato di bisogno) venivano condannati molto duramente.

Anche quando i “socialmente vicini” (comunemente identificati nei lager come "i ladri") finivano nei Gulag veniva loro permesso di imboscarsi nelle mansioni meno usuranti e di tiranneggiare arbitrariamente conto l'odiata categoria dei “politici”, ovvero di quei detenuti (intellettuali, tecnici, preti, militari, menscevichi, socialisti, militanti di partito caduti in disgrazia ecc) che erano stati condannati per “crimini” controrivoluzionari. Queste erano considerate persone da eliminare: nemici della rivoluzione.

Scrive Aleksandr Solzenicyn: Stalin aveva sempre avuto un debole per i criminali: chi altri avrebbe rapinato le banche per lui? Fin dal 1901 egli era stato accusato dai compagni di partito e di prigione di aver fatto uso dei criminali contro i suoi avversari politici.

Da tutti i racconti dei sopravvissuti ai Gulag emerge un tratto comune: uno degli aspetti peggiori era la "convivenza" con "i ladri". La teppaglia malavitosa era parte del sistema repressivo sovietico, essendo di fatto incoraggiata a commettere ogni genere di angheria nei confronti dei "politici".

Non vi era un "ladro" che non fosse anche un pederasta, un pedofilo. (Varlam Shalamov nei Racconti della Kolyma)

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