Non è certo una lettura da ombrellone, quella che suggeriamo, ma è determinante; perciò sistematevi dove volete, armatevi di matita per prendere appunti, che alla fine costelleranno il libro, e in fondo arriverete senza riuscire a staccarvi dalle 447 pagine, perché I padroni del caos di Renato Cristin (editore Liberilibri) risveglia la coscienza, apre la mente e scalda il cuore, una riga dopo l'altra senza soluzione di continuità.
Scusatemi per l'entusiasmo, ma dagli scritti di Oriana Fallaci e Ida Magli non incontravo niente di così illuminante come quanto ha scritto il professore di ermeneutica filosofica all'università di Trieste, già direttore dell'Istituto italiano di cultura di Berlino e direttore scientifico della rivista Liberal: credenziali che possono intimorire, eppure il professor Cristin scrive in maniera più che accessibile anche a chi non frequenta quotidianamente mostri sacri come Kant o Heidegger. E questa chiarezza estrema è la dote migliore di un libro fondamentale e preveggente.
Veniamo al dunque. Avete presente i temi che su questa rivista on-line trattiamo da anni? L'immigrazione selvaggia, lo sgretolamento dell'identità europea in nome dell'europeismo, il terzomondismo, la teologia della rinuncia, l'invasione dell'Islam, il pauperismo comunista? Ebbene, qui c'è tutto, ma proprio tutto, spiegato come meglio non si potrebbe, tanto da mettere in crisi anche il più accanito buonista boldriniano e politicamente corretto.
Cristin non guarda in faccia nessuno, urticante fino all'inimmaginabile e perciò stimolante più di dieci caffè, perché tale è l'effetto dell'intelligenza e della libertà di pensiero. Che cosa aspettarsi di diverso da chi ha curato l'edizione italiana di uno scritto “maledetto” quale è L'antirazzismo come terrore letterario di Richard Millet?
La Chiesa di Bergoglio - Prendiamo nel suo volume il capitolo su Pauperismo e comunismo: la teologia della sovversione e della rinuncia. Cristin ricorda come la Chiesa cattolica preconciliare difendesse non soltanto l'ortodossia, ma una tradizione - non tradizionalismo! - che riguardava l'intera civiltà europea anche nelle sue radici laiche, non solo teologiche. Dimentica del ruolo fondamentale avuto a Lepanto nel 1571, e poi a Vienna nel 1683, nel contrastare l'invasione musulmana, ma anche di papa Wojtyla e in certa misura del suo successore Ratzinger, la Chiesa di Francesco ha rovesciato la prospettiva di valutazione dei fenomeni secolari.
Bergoglio ha valorizzato il concetto di povertà, ignorando San Tommaso, il quale sosteneva che la proprietà privata è necessaria all'uomo, il quale «si preoccupa più della cura di qualcosa che sia di sua sola responsabilità piuttosto di ciò che è posseduto in comune». Bergoglio, al contrario, afferma che «l'uomo non può tenere per sé i beni di cui dispone» e che la povertà è una risorsa.
Nella Chiesa di oggi, rileva Cristin, sarebbe impensabile la spallata che papa Wojtyla, alleato di Ronald Reagan, riuscì a infliggere al comunismo sovietico. «Se all'Europa mancava un'ultima spinta sulla via dell'autoaffossamento, questa sembra arrivare dalla parte forse più inaspettata, da quella istituzione che dovrebbe difenderne strenuamente, come in realtà ha fatto per quasi due millenni, l'identità non solo religiosa ma anche laica, politica e socio-culturale».
Un'accusa pesante, documentata dai fatti e dalle encicliche. Continua l'autore: «La Chiesa oggi sembra rinnegare ciò che essa ha fatto per secoli per proteggere l'Europa dalle minacce esterne, in particolare da quell'islamismo che nel suo dettato originario ha la volontà di sottomettere i non-musulmani, e i cristiani in particolare».
Antiliberalismo cattocomunista - Cristin sottolinea come il Vaticano abbia resuscitato la teologia della liberazione e, pur mantenendo ferma la inevitabile critica all'ateismo marxista, ne riabiliti le idee. La distanza dal liberalismo è un indicatore preciso della posizione sinistrorsa anche della teologia del popolo, che equivale a un popolo delle nazioni unite, tutti i popoli e quindi nessun popolo.
La teologia della liberazione somma al marxismo la religione, fornendo ad esso una nuova serie di fondamenti e ulteriori giustificazioni. L'interpretazione della realtà sociale è identica a quella fornita dal marxismo. Divergono i metodi, ma il fine è lo stesso. L'unica differenza è stata da un lato la presenza di Dio e dall'altro l'ateismo, ma negli anni recenti la convergenza è diventata reale. «L'avvento di figure nuove, come il prete comunista o il comunista cattolico, hanno dimostrato che professare la parola di Cristo con strumenti interpretativi marxisti o post-marxisti in qualche modo si può». Per inciso: da mezzo secolo è massiccio il peso anche istituzionale del cattocomunismo soprattutto in Italia.
Immigrazione e povertà - Ed ecco il cardine del pensiero di Cristin in proposito. «Terzomondizzare l'Europa può essere funzionale sul piano religioso a chi voglia fare di questa teologia la guida spirituale, e può convenire anche su quello economico-politico a chi voglia tenere alto il caos che gli attuali detentori della cultura e della politica hanno prodotto. La trasformazione dei popoli è dunque il perno di tutta la grande operazione che, congiuntamente, le caste burocratiche, politiche, culturali ed ecclesiastiche stanno dispiegando sulla carne viva dell'Europa. La sostituzione (dei popoli) sembra un obiettivo fondamentale anche per il cambiamento di passo spirituale e sociale che viene così autorevolmente chiesto».
La Chiesa cattolica, dunque, è accusata di essere una delle parti attive dello stravolgimento demografico e sociale che viviamo nella tensione verso il caos, quindi fra i padroni di quel caos che danno il titolo allo studio di Cristin. Il quale accusa papa Bergoglio di benedire una strategia dell'immigrazione dalle conseguenze disastrose: «Il passaggio da questa apertura indiscriminata all'apocalissi, intesa come eclissi dell'identità europea, è infatti molto più breve di quanto si possa credere».
Paura dell’Islam - E si piomba nel problema radicale di questi anni, l'immigrazione selvaggia con il connesso islamismo. Cristin mette a confronto la determinazione assoluta, fanatica, dei fedeli musulmani con la remissività di quelli cristiani. E aggiunge: «L'accusa di islamofobia innesca un processo inquisitorio che a sua volta produce una gigantesca autocensura». Accondiscendenza psicologica, tolleranza sociale e indulgenza giuridica sono gli ingredienti del suicidio dell'Occidente. Il caso eclatante è quello di interi quartieri di città europee ormai ostaggio degli islamici, con tanto di leggi proprie. Spesso da queste aree sono partiti i terroristi che hanno massacrato centinaia di persone invocando Allah. «Ciò che si ammette per gli stranieri è, in misura crescente, rifiutato agli autoctoni. La libertà europea, illimitata verso le richieste delle comunità extraeuropee, è invece vigilatissima nei confronti delle consuetudini e delle tradizioni dei popoli autoctoni».
Estremamente scettico sui musulmani moderati, Cristin accusa in primo luogo l'Europa con la sua ipocrisia, che finge di non vedere «lo spettacolare fallimento della sua politica di integrazione che ha portato alcune nazioni al limite del caos sociale». E i governi? «La sinistra, che insieme ai cristiano-popolari governa gran parte degli Stati europei, sta tergiversando e camuffando la realtà, separando l'Islam dal terrorismo che all'Islam si ispira e nascondendo all'opinione pubblica questo legame sempre più manifesto... Negare l'origine religiosa, per quanto deviante, del terrorismo islamista significa semplicemente consegnarsi alla seconda ondata, quella non più terroristica, della conquista». Una previsione? «L'Unione Europea, impastoiata da regolamenti bizantini e inefficaci che ne fanno un nano politico e militare, non avrà altro destino se non quello dell'impero di Bisanzio».
Nazismo e Mezzaluna - Cristin fa un interessante parallelismo fra Islam e nazismo. «Già nel 1935 Paul Claudel aveva visto nel nazionalsocialismo i tratti dell'islamismo... Si sta creando al centro dell'Europa una specie di islamismo, una comunità che fa della conquista una specie di dovere religioso». E Carl Gustav Jung aggiungeva: «Hitler è come Maometto, il sentimento in Germania è islamico, propenso alla guerra e islamico. Sono tutti ebbri di un dio selvaggio». E non dimentichiamo che Hitler andò al potere non con un colpo di Stato ma eletto democraticamente dai tedeschi, che lo misero al potere e lo adorarono per dodici anni.
I ciechi e folli di allora hanno eredi, oggi, in chi accusa di islamofobia chi non si fa incantare dalla Mezzaluna. Ebbene, Cristin definisce loro i veri islamofobi. Infatti, nel timore di suscitare l'ira delle comunità musulmane, ne assecondano posizioni e pretese. Per paura accettano i soprusi! Invitiamo Laura Boldrini a leggere almeno questo capitolo, quando avrà smesso di massacrare la lingua italiana.
Nuova re-azione - Che fare per superare in qualche modo l'ipocrisia, il mascheramento dei media, il lassismo diffuso verso i musulmani, qualsiasi cosa facciano? Reagire! Per la precisione, Cristin parla di nuovo reazionarismo che ridia voce al pensiero identitario. Il liberalismo è sotto attacco, dice, minacciato da pulsioni di tipo totalitaristico e da altre di tipo egualitaristico, espresse non solo dal ritorno sulla scena del comunismo, rimasto in apnea per un ventennio dopo l'abbattimento del muro di Berlino. No: si sta perfezionando una strategia livellatrice che abbassa sempre più l'asticella socioculturale, a causa dell'altra ideologia dominante, quella magmatica del politicamente corretto. È ignoranza allo stato puro, insomma, diffusa a man bassa da chi non sa niente e pretende di non farci capire niente.
Europa suicida - Sanno, le maestrine dalla penna rossa, i patetici “ottimati” della nostra sinistra alla Capalbio, chi fosse Imre Kertész, premio Nobel ungherese internato ad Auschwitz e a Buchenwald? Sanno chi fosse questo pericoloso “reazionario”? Una mente libera che scrisse: «L'Europa perirà presto a causa del suo liberalismo puerile e suicidario. L'Europa ha creato Hitler e dopo Hitler non le sono rimasti argomenti: ha spalancato le porte all'Islam; non ha più osato parlare di razza o di religione, mentre l'Islam non sembra conoscere altro linguaggio se non quello dell'odio verso le altre razze e le altre religioni». Ungherese, Kertész, della piccola nazione che dal cuore dell'Europa oggi si oppone più che mai, quasi sola, all'invasione.
«Occorre, oggi per la prima volta, proclamarsi antiprogressisti» scriveva quarant'anni fa non qualche allievo di Julius Evola, ma l'insospettabile Bernard-Henry Levy. Qui si aggancia Cristin: «In un modo che sia al tempo stesso antitotalitario e democratico, liberale e conservatore, liberista ma antiglobalista, antinazista e anticomunista, filoisraeliano e filostatunitense, alternativo al terzomondismo e all'islamismo, e con un'apertura alla collaborazione con la nuova Russia, oggi bisogna dirsi reazionari». Nel senso di re-azione allo sgretolamento colpevole della società, allo sfarinamento dei fondamenti culturali occidentali, all'aggressione congiunta di pseudo progressismo e islamismo.
Pronti a subire le scontate accuse di essere veteroreazionari e sporchi razzisti, non si può più agire utilizzando un liberalismo moderato che ormai fa solamente il gioco del nemico. Occorre invece una re-azione che riattivi energie identitarie sepolte da decenni di denigrazione della soggettività europea e di censura delle sue facoltà. Una reazione rigenerante, dunque, nettamente opposta a fascismo, antisemitismo propalato invece dalla sinistra, una reazione favorevole a Israele, unica democrazia del Medio Oriente, e sostenitrice dell'alleanza con gli Stati Uniti.
Il mondo sta saltando per aria. Solo i veri conservatori (di potere e prebende) e gli autentici reazionari, che appartengono a una sinistra nostalgica della paranoia della falce e del martello e del colonialismo sovietico, non ne vogliono prendere atto. E reagire.
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