Beria e Kruscev, all’epoca potente segretario del comitato centrale, erano i principali contendenti. Alla morte di Stalin, Beria fu libero di agire e assunse immediatamente il controllo formale del vasto apparato di polizia: un’iniziativa che venne interpretata dai suoi colleghi, e in particolare da Kruscev, come una minaccia. Generalmente, in ciò si riconosce la ragione dell’opposizione a Beria e del suo successivo arresto. Tuttavia, come questo saggio si propone di dimostrare, il programma di riforme concepito da Beria aveva suscitato altrettanta preoccupazione.
L’ex collaboratore di Stalin si era infatti spinto a promuovere una serie di iniziative tendenti a sovvertire gran parte della politica staliniana. I mutamenti da lui auspicati, accolti con sollievo dall’opinione pubblica, erano talmente radicali e di ampia portata da allarmare gli altri membri del gruppo dirigente. E paradossale che proprio Kruscev, in seguito acclamato come coraggioso «destalinizzatore», sia stato il primo responsabile del blocco delle riforme di Beria, capeggiando il complotto contro di lui. Il programma di Beria, come questa biografia intende suggerire, si proponeva di minare il sistema stalinista e avrebbe di conseguenza potuto condurre alla sua fine. La politica di Kruscev invece, seppure riformista, mantenne di fatto in vita lo stalinismo: anche se il regime di terrore poliziesco venne abolito, si può sostenere che il sistema mantenne essenzialmente il suo carattere totalitario.
Dal punto di vista storico, dunque, questo saggio può essere considerato «revisionista» in quanto, analizzando la carriera di un singolo personaggio politico, mette in discussione i più condivisi assunti relativi allo stalinismo. L’approccio della biografia è duplice: da una parte si narra l’ascesa di Beria nel clima politico e sociale dell’età staliniana, descrivendone di volta in volta successi e fallimenti e valutando l’influenza che egli esercitò sulle dinamiche del sistema sovietico; dall’altra se ne analizza la carriera da un punto di vista più personale, esaminandone le motivazioni e le relazioni con Stalin e con gli altri rappresentanti del potere. I personaggi politici sovietici hanno sempre rivelato ben poco delle loro vite private e in questo Beria non fa eccezione. E lecito dubitare del fatto che, se anche venissero aperti tutti gli archivi e tutte le sue carte private fossero consultabili, comparirebbero diari o lettere che documentino i suoi più intimi sentimenti. Come Stalin, anche Beria aveva una vita privata assai povera, in particolare dopo il suo arrivo al Cremlino nel 1938. Il suo matrimonio con la bella Nina Gegekori era divenuto puramente formale; all’unico figlio Sergo, che lo accompagnava spesso nei suoi viaggi, sembrava affezionato, e di tanto in tanto si concedeva le distrazioni fornitegli dalle tristemente famose violenze sessuali commesse ai danni di giovani donne o addirittura ragazzine. Ma tanto la moglie quanto quelli che lo conoscevano hanno sempre sostenuto che trascorresse la maggior parte del proprio tempo al lavoro o in compagnia di Stalin. E Vsevold N. Merkulov, che per molti anni fu uno dei suoi più stretti collaboratori, osservò che in nessuna occasione Beria gli parlò di sue questioni personali. Solo nelle lettere al suo mentore, il noto bolscevico Sergo Ordzonikidze, si rileva qualche traccia di emozione.
L’apparente assenza di umanità nella personalità di Beria [Beria, l'Hilmmler sovietico] non ci impedisce di tentare di cogliere le motivazioni più profonde che determinarono i suoi comportamenti. Lavrentij Pavlovk Beria non fu, infatti, un’astrazione, bensì un essere umano il cui comportamento era motivato da specifici aspetti della sua natura. Nel corso della sua carriera, il braccio destro di Stalin ha senza dubbio commesso crimini atroci, come per esempio quello di essere stato direttamente responsabile della morte e delle sofferenze di migliaia di persone. Ma era mosso solo da un razionale e cinico interesse personale? O condivideva con Stalin alcune delle sue tendenze psicopatologiche? Con questa biografia si intende, appunto, mettere in relazione tali fattori personali con gli altri, più dichiaratamente storici, che contribuirono a costruire la carriera di Beria; più in generale, si vogliono offrire nuovi spunti di analisi su dittature di tipo stalinista.
Con l’affermarsi della glasnost’, Beria è divenuto oggetto di un rinnovato interesse storico sia in Russia sia in Georgia. Sulla stampa sono apparsi memoriali e documenti d’archivio di grande interesse, che hanno gettato nuova luce sull’evoluzione della sua carriera. A metà del 1990, su un giornale georgiano apparve un’intervista, l’unica, all’ottantaseienne vedova di Beria, e all’inizio del 1992 fu pubblicato per la prima volta il verbale del drammatico plenum del comitato centrale del luglio del 1953, convocato da Kruscev per discutere le motivazioni dell’arresto di Beria.
Più di recente, il figlio Sergo è emerso dall’anonimato concedendo una serie di interviste a un giornale di Kiev. Ma i documenti resi pubblici sono stati severamente selezionati e le rivelazioni sul personaggio apparse in questi ultimi anni non hanno fatto che continuare a fornire resoconti divergenti su alcuni episodi della sua vita.
Fortunatamente, nel 1992 i russi hanno aperto gli archivi agli studiosi, rendendo possibile all’autrice di questo saggio la consultazione di numerosi documenti, fino ad allora segreti, che hanno permesso di aggiungere preziosi elementi al quadro complessivo relativo a Beria e alla sua vicenda politica. Va tuttavia ribadito con chiarezza che quegli archivi devono ancora essere vagliati a fondo e che quindi, per il momento, alcune fondamentali domande restano tuttora senza risposta.
Questo saggio viene alla luce proprio mentre comincia una nuova fase della storiografia sul periodo staliniano che potrebbe condurre, se il libero accesso agli archivi proseguirà, a straordinarie rivelazioni e a fornire nuove interpretazioni della storia di quegli anni. La ricostruzione della carriera politica di Beria deve quindi essere considerata come una questione ancora aperta.