Suicidio occidentale. Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori
di Federico Rampini
Se un attacco nel cuore dell’Europa ci ha colto impreparati, è perché eravamo impegnati nella nostra autodistruzione. Il disarmo strategico dell’Occidente era stato preceduto per anni da un disarmo culturale. L’ideologia dominante, quella che le élite diffondono nelle università, nei media, nella cultura di massa e nello spettacolo, ci impone di demolire ogni autostima, colpevolizzarci, flagellarci. Secondo questa dittatura ideologica non abbiamo più valori da proporre al mondo e alle nuove generazioni, abbiamo solo crimini da espiare. Questo è il suicidio occidentale. L’aggressione di Putin all’Ucraina, spalleggiato da Xi Jinping, è anche la conseguenza di questo: gli autocrati delle nuove potenze imperiali sanno che ci sabotiamo da soli. Sta già accadendo in America, culla di un esperimento estremo.
Si scrive Russia, si legge URSSIA
di Renato Cristin
Da due mesi la guerra in Ucraina sta uccidendo persone e distruggendo città, con un’intensità crescente e intollerabile, che va dalla devastazione dei centri urbani e dei territori, ai massacri della popolazione, crimini inammissibili e perseguibili come tali. Ed è dall’inizio della guerra che molti si chiedono cosa poteva fare l’Occidente per evitare l’aggressione russa, dove abbiamo sbagliato – e certamente errori di vario genere sono stati commessi –, ma l’ostacolo principale è stato (ed è tutt’ora) che l’Occidente non ha saputo parlare con la Russia perché ha scordato il linguaggio, il linguaggio adatto, che è fatto di parole, di argomentazioni ma anche di simboli, di atti e di risolutezza, pure sul piano militare, e di rispetto per l’avversario. L’Occidente di Eisenhower, di Adenauer, di Ronald Reagan e Giovanni Paolo II sapeva parlare all’URSS, perché oltre a rispettare il nemico ne conosceva l’essenza ideologica e la prassi politica, ed è stato anche grazie a quel linguaggio che l’impero sovietico è crollato. Oggi l’Occidente ha perduto quella conoscenza, e nel frattempo la tentazione sovietica, sempre viva non solo nelle alte sfere del Cremlino ma anche in una parte dell’opinione pubblica russa, si è riaffacciata e ha trovato forma, già dall’occupazione di parte della Georgia e poi della Crimea, nell’espansionismo veicolato con la guerra, sullo scacchiere mediorientale e su quello nordafricano.
Federico Rampini: «Putin ci sfida da 15 anni ma l’Occidente si autoflagella. Così perdiamo»
di Edoardo Vigna - Intervista a Federico Rampini - Corriere della Sera 18- aprile 2022
L’editorialista del Corriere in un libro mette in evidenza la debolezza per cui l’attaco di Putin ci ha colto di sorpresa: «Procediamo alla demonizzazione dei nostri valori»
Parlare di tendenze suicide dell’Occidente mentre all’esterno c’è chi commette omicidi di massa può sembrare un paradosso. In realtà con il suo nuovo libro Suicidio occidentale (Mondadori), Federico Rampini, editorialista del Corriere della Sera, vuole mettere in evidenza proprio quella debolezza intrinseca in atto che ha fatto sì che l’attacco di Vladimir Putin ci abbia colto di sorpresa: eravamo impegnati nell’attività di autosabotaggio, prima di tutto culturale, con cui miniamo i pilastri della nostra società. L’ideologia dominante — in America, ma via via anche in Europa — pare imporci di colpevolizzarci e autoflagellarci, innanzitutto a partire dal diktat dell’allineamento ormai acritico al pensiero politically correct, che domina ovunque, dalle università alle aziende e alle istituzioni.
Figli di Putin: Granato e Pillon
«Penso che Putin stia conducendo un’importante battaglia non solo per la Russia ma per tutti noi (...). Lui la sta facendo perché non ha accettato l’agenda globalista che è stata imposta pure a noi e quindi a tutti gli stati dell’Unione europea. A Putin voglio dire: uniamo le forze per sconfiggere insieme l’agenda globalista!». Le parole di Bianca Laura Granato, ex M5S, nemica del green pass e teorica della via nostrana al putinismo, rimbalzano da ore sulle pagine di Telegram di chi osanna all’invasione dell’Ucraina. La senatrice, a sentire l’intervento del presidente ucraino Zelensky collegato con il Parlamento italiano, oggi non ci sarà. Come non ci saranno ex M5S del gruppo l’Alternativa, leghisti come l’idolo degli antiabortisti Simone Pillon, grillini come Gabriele Lorenzoni ed Enrica Segneri e forse nemmeno Veronica Giannone e Matteo Dall’Osso, già russofili del Movimento oggi approdati in Forza Italia.
Il nipote di Gramsci che sostiene Putin
[Chissà perché non mi stupisco...] Il nipote di Gramsci che sostiene Putin: «Voi non capite, il Paese è con lui»
di Marco Imarisio, nostro inviato a Mosca - Corriere della Sera 8 marzo 2022
Figli di Putin: Matteo Salvini
Matteo Salvini contrario alla sospensione del sistema Swift e alle sanzioni. Vorrebbe negoziare con "l'amico" Vladimir. "Sono convinto che il dialogo sia l'unica strada", insiste il segretario lumbàrd citando "il Santo Padre", la richiesta per il cessate il fuoco rivolta all'ambasciatore moscovita presso la Santa Sede. "E non credo che il pontefice possa essere considerato un filorusso", ironizza.
Ho acceso la tv e ho trovato i figli di Putin sulla Rai
Ieri sera ho visto un incredibile programma di Rai2 in cui un (finora ottimo) corrispondente da Mosca [Marc Innaro ndr] giustificava Vladimir Putin, accusando il mondo libero di avere umiliato la Russia dopo il crollo del comunismo, e perciò di avergli provocato la frustrazione che ora gli ha fatto invadere l'Ucraina. Pure io a questo punto sono frustrato: davvero dobbiamo pagare il servizio pubblico per ricevere propaganda putiniana? Inconsapevole, probabilmente. Perché se a un giornalista si chiede non cronaca ma analisi, e poiché ogni misfatto ha il suo antefatto, è possibile che egli si sbizzarrisca andando a ritroso di trent'anni per "capire" e "spiegare" l'invasione dell'Ucraina (anzi dell'Ucrania, secondo la senatrice ex grillina Nugnes).
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Laogai: la tragica storia dei campi di lavoro cinesi.
"In Cina, vogliono che tu diventi una nuova persona socialista, e questo è lo scopo dei campi di lavoro", dice Harry Wu, un sopravvissuto al sistema carcerario noto come "Laogai", che significa "riforma attraverso il lavoro". "Il compito principale nel campo di prigionia è sopravvivere, trovare cibo, tutto qui", dice Wu.
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