Ci sono anche quelli a cui sembra del tutto naturale, e per nulla ideologico, parlare di patriarcato neoliberista e di razzismo sistemico, di cultura dello stupro e di decostruzione del privilegio eterocisnormativo. E quando li chiameremo woke ci diranno: woke? Quale woke?
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Le lacrime di Angela Carini, vittima dell'ideologia, lavino gli occhi di chi non riesce a vedere.
Alle Olimpiadi parigine i nemici delle donne stanno trionfando. Così la pugile italiana, partita femminista, è finita martire del genderismo, siccome nella finis Europae qualcuno più nichilista di te lo trovi sempre.
Tutto ciò che difende, dai diritti all’ambiente, è ben rappresentato dal paese che ha deciso di osteggiare. Ma in realtà, più che avere a cuore la libertà, il wokismo usa la difesa di alcune libertà per attaccare l’occidente e farne il colpevole di tutti i mali
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Dalla stampa alla scuola, dall’arte al mondo delle imprese, un pensiero che si sta imponendo con la sua escrescenza, la cancel culture
Come onorare il riconoscimento e le cause legittime delle minoranze senza screditare le cause, altrettanto legittime, della maggioranza? Grande punto di domanda, che colpisce tutta la società su temi centrali come il genere, l’origine etnica o sociale, il ruolo delle donne, le pratiche di consumo, la storia o la questione ambientale. E via discorrendo. Questioni immense ma che ricevono risposte disastrose, alla luce di un dibattito pubblico e di un trattamento politico indegni, in un clima di antagonismi e di odio. La conseguenza è il raggiungimento di risultati opposti all’obiettivo auspicato: la divisione si impone sulla concordia, compromettendo la realizzazione di progressi concreti a beneficio delle minoranze stesse.
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In prima pagina sul Corriere della Sera oggi compare un’ode a Michela Murgia firmata da Roberto Saviano, due dei principali scrittori italiani. Con molta meno enfasi, un po’ nascosto nelle pagine interne, il Corriere della Sera ha pubblicato nei giorni scorsi un testo in cui Susanna Tamaro (la scrittrice italiana che ha venduto più copie di tutte al mondo, terza assoluta dopo Eco e Collodi) racconta la sua disforia di genere infantile: voleva disperatamente essere maschio, poi con l’adolescenza la questione si è “dissolta come neve al sole” e la riappacificazione con il proprio essere donna è stata naturale. Scrive la Tamaro che se fosse caduta nelle grinfie dei “falchi gender” a otto o dieci anni avrebbe avuto la pubertà bloccata dalla triptorelina per poi finire dipendente a vita da pillole e iniezioni di ormoni “perché la natura è più forte della cultura” e di certo di ogni cultura ideologica come quella che sottopone i bambini definiti “trans” a tali trattamenti. Michela Murgia e Roberto Saviano tifano invece per quella ideologia con i loro scritti imbevuti di teorie queer contro la famiglia naturale. E allora mi sono incaponito a cercar di capire chi ha ragione.
Ai laici di sinistra, ai teorici dell’integrazione che annulla le identità e le sensibilità religiose dell’Occidente, a chi crede che eguaglianza sia annullamento e omologazione delle persone, a quelli a cui non andava bene né l’albero nè il presepe, adesso sta sulle scatole anche il nome del Natale: va depurato, rinominato, cambiato, svuotato dai significati cristiani. Potrebbe chiamarsi “festa dell’inverno” o “festa dell’eguaglianza etnica”, a quanto pare, ma restiamo in attesa di altre geniali intuizioni degli intellettuali progressisti che pensano alla rimozione dei simboli cristiani anche dallo stesso Crocifisso. Per adesso, nel nome del Piano per l’uguaglianza etnica e razziale, l’Istituto universitario europeo che ha sede a Fiesole, in Toscana, annuncia che vuol rinominare il Natale, mandando in brodo di giuggiole la sinistra e scatenando la destra. I magnifici rettori dell’Università vogliono comunque festeggiare il Natale (bontà loro) ma attribuendogli un nome che non offenda le persone di un’altra religione. E l’offesa ai cattolici?
Il sistema CEI che spinge i marchi a sostenere l'agenda woke usando come sponsor pubblicitari i trans
I dirigenti di aziende come Nike, Anheuser-Busch e Kate Spade, le cui approvazioni del marchio CEI hanno trasformato il trans Dylan Mulvaney in una celebrità, non lo fanno solo per dare segnali di virtù. I marchi che non si adeguano a questa "moda" woke rischiano di vedere compromesso il loro giro d'affari, e quindi stanno distribuendo affari redditizi a quelle che una volta erano considerate celebrità marginali (come il suddetto trans) perché devono impegnarsi a conquistare un punteggio di "credito sociale" importantissimo. L'arbitro e giudice di questa nuova "moralità" è Human Right Campaign di George Soros.
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Opere liriche, orchestre, critici. Il politicamente corretti sta corrodendo la musica classica. “Ascolti il Messiah di Handel? Sei un suprematista bianco”
Con il MeToo, Da Ponte e Mozart finirebbero in galera. Definiscono Bach, Beethoven, Schubert ‘musica colonialista’: come si fa? Schubert poi era una persona dolcissima… C’è un movimento secondo cui, nel preparare una stagione musicale, dovrebbe esserci un equilibrio tra uomini, donne, colori di pelle diversi, transgender… Lo trovo molto strano”.