Ucraina. Il genocidio dimenticato 1932-1933

Capitolo secondo - L’irruzione della verità

Il romanzo di Vasilij Grossman rimase a lungo la sola narrazione dettagliata della grande fame che si abbattè sui villaggi ucraini nel 1932-1933, se si eccettuano i materiali pubblicistici e memorialistici, editi dalla diaspora ucraina e ignorati sia dal grande pubblico sia dagli studiosi. Se proviamo infatti a dare uno sguardo alla letteratura storica sulla collettivizzazione, non troviamo precisi ragguagli e notizie sulla terribile carestia e sulla sua diffusione nei diversi territori dell’URSS, sulle cause che la provocarono, sull’atteggiamento allora tenuto dai governanti comunisti.

Non parlo della storiografia sovietica, che non poteva esprimersi liberamente su una così drammatica materia per tema di offuscare l’immagine ufficiale dell’edificazione del socialismo negli anni Trenta.

Ad essa fu tutt’al più consentito, per qualche lustro, di ricordare il «culto della personalità» e i crimini commessi da Stalin contro il partito bolscevico, ma non di soffermarsi sulla morte per inedia di milioni di agricoltori.

Non accennerò neanche alla sovietologia fiorita in Italia all’ombra delle Botteghe Oscure, negli anni dell’«eurocomunismo», e attenta a dosare con il metro politico le critiche al sistema sovietico.

Malgrado la fama di cui ha a lungo goduto, in patria e ancor più all’estero, da essa non venne, né poteva venire, nessuna seria e profonda indagine sulla vera natura e sugli spaventosi orrori del comunismo sovietico.

Tuttavia, quel che appare assai più stupefacente è la visione edulcorata della storia dell’URSS, propagandata da molti accademici occidentali, specie negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, in paesi cioè in cui la sinistra prosovietica non aveva mai esercitato una reale egemonia culturale.

Eppure, negli anni Settanta e Ottanta quella storiografia (ammiratissima dai comunisti italiani) dettò legge nelle più prestigiose università americane e inglesi, dove contarono assai meno quei pochi studiosi che osservavano con occhi disincantati e critici il mondo sovietico.

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