Le radici marxiste del "politicamente corretto"

Nonostante l’espressione “politicamente corretto” venisse già usata nel XVIII sec., acquisì il senso in cui la intendiamo oggi a partire dagli anni 20 dello scorso secolo, nell’Unione Sovietica. Nel 1894 il leader rivoluzionario comunista Vladimir Lenin coniò il concetto partiinost’ - la mentalità di partito. Dopo pochi anni, venne sostituito da politicheskaya pravil’nost’ (politicamente corretto) come riferimento allo stesso concetto.

POLITICAMENTE CORRETTO = DELEGITTIMARE LE IDEE DIVERSE

Alla base della politicheskaya pravil’nost’ c’è l’idea che la verità e la conoscenza siano questioni di prospettiva, ossia che cambino a seconda della classe sociale della persona. La mentalità di partito si fonda sulla klassovoye soznaniye (coscienza di classe, secondo cui le idee di un individuo non sono davvero sue ma della classe a cui appartiene) e sul relativismo morale. L’unica verità è quella del partito comunista - ed è una “verità sociale superiore”, la pravda.

IL POLITICAMENTE CORRETTO CONTRO IL METODO SCIENTIFICO

Contrapposta alla pravda c’è la isnina, la verità empirica legata ai fatti e alla conoscenza oggettiva, ottenuta tramite il metodo scientifico e il procedimento per tentativi ed errori. La isnina era considerata uno strumento di oppressione usato dalla borghesia contro i proletari - e veniva accusata di giustificare il sistema capitalista sotto il finto velo dell’oggettività. Seguendo la visione marxista-leninista, tutto ciò che non è allineato al pensiero comunista è scorretto e dev’essere corretto. Mao Zedong adottò questo insegnamento per conformare il pensiero e il comportamento di tutti i cinesi ai dettami del partito comunista cinese. Ancora oggi, in Cina i dissidenti vengono inviati nei “campi di rieducazione” per poter fare la sixiang gaizao (riforma del pensiero).

IL POLITICAMENTE CORRETTO IN OCCIDENTE

Gramsci, Lukács, Horkheimer, Marcuse, Adorno, Sartre e altri marxisti occidentali si sono focalizzati sul concetto di “sovrastruttura” - composta dalla cultura, dal pensiero e dal linguaggio. Con il post-strutturalismo di Derrida, Foucault, Deleuze e Lacan, si è costruito un nuovo strumento per creare una “mentalità di partito” marxista nella società, con la visione whorfiana del relativismo linguistico: “Il linguaggio influenza la cognizione, perciò lo utilizziamo per definire ciò che conosciamo e desideriamo; pertanto, modificando il linguaggio è possibile cambiare la forma in cui le persone pensano e si comportano, seguendo alcune norme ben definite.”

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